SCIACCHETRAIL 2016

 

Monterosso al Mare  ( SP )

Km 47    D+ m 2600

20 marzo 2016

 

 

MICHELE  ROSATI

 

 

UBRIACO ALLA MÈTA

 

Nonostante l’aria frizzante per le medie stagionali, la primavera è ormai giunta e così anche il sottoscritto orso pelandrone si appresta ad uscire faticosamente dal lungo letargo invernale, cui una viziosa ignavia ed un conseguente morbido strato adiposo accumulato hanno fatto da confortevole e piacevolissima coltre. In realtà era un risveglio programmato fortunatamente da tempo, visto che i 250 posti disponibili per lo Sciacchetrail 2016, seconda edizione, si sono esauriti già a Gennaio, tre mesi prima dell’evento: considerate la bellezza del percorso e la perfezione organizzativa prevedo che negli anni a venire sarà necessario muoversi con ancor maggiore anticipo. Decidendo di arrivare a Monterosso dalla Spezia, il sabato mi faccio già una sorta di trail motoristico tentando di aggirare la frana che sbarra la strada principale proprio nell’ultimo tratto, tra l’altro segnalata sin dal capoluogo e, grazie anche alle provvidenziali indicazioni di un netturbino di origini sudamericane, percorro un tratto di strada, definizione da cui mia moglie dissente in toto, il cui transito è consentito ai soli mezzi autorizzati; mancando il Magi non posso che autorizzarmi da solo:  se riesco così ad evitare l’umiliante dietrofront condito dai “te l’avevo detto” della consorte, nulla mi può salvare dalle sue inviperite rimostranze! Intersecando il percorso dell’indomani in più punti riesco a fare pure una sorta di ricognizione del tracciato fin quando, giunti finalmente alla mèta, parcheggio in uno dei posti gratuiti lasciati dall’organizzazione a disposizione dei partecipanti.
Il tempo è splendido e ci svacchiamo sulla spiaggia, godendo di un sole ben più che tiepido immersi nella stupenda cornice del golfo di Monterosso, incastonato tra punta Mesco e punta Corone. Preso possesso dell’alloggio in pieno centro storico, a 50 m dalla partenza, assistiamo anche al mini Sciacchetrail,  corsa tra i vicoli e le scalinate del paese dedicata alle categorie giovanili, con tanto di briefing pre-gara e pettorale ufficiale della manifestazione con il nome del giovane atleta stampato .... per la prima volta ho visto gli eredi, ancora ahimè troppo piccoli per parteciparvi, attratti da questo perverso mondo!!! Altro punto a favore degli organizzatori la ricchezza improntata all’utile del pacco gara, con la presenza di prodotti alimentari tipici, calzini ed una bella felpa con cappuccio, congiuntamente all’assenza di quelle ciofeche di maglie pseudo-tecniche ormai in odio anche ai più bisognosi, visto come da anni non ne trovi uso migliore che riempirne i raccoglitori della Caritas. Il tempo scorre veloce tra i numerosi stand con prelibatezze alimentari, degustazioni di vini e tanto altro ancora, così quando mi presento con un boccale di ottima birra artigianale della Lunigiana nella sala comunale intitolata a Gino Pollicardo, monterossino liberato(si) in Libia pochi giorni fa, il briefing pre gara è ormai alle battute finali, ma faccio giusto in tempo ad avere la gradita conferma che il pasta party (vedremo poi come tale definizione sia a dir poco limitante) sarà garantito a tutti gli atleti che giungeranno entro il tempo massimo: mi è ormai chiaro che l’indomani, comunque vada, sarà un successo! Degna conclusione di questa vigilia è la cena con famiglia, anch’essa prenotata per tempo, in un ristorante stellato dalla location assai suggestiva, capace di far dimenticare alla moglie i problemi di viabilità regionali.
Lo start è previsto alle 6:30 e quando mi alzo dal letto un’ora prima è ancora buio; la quantità di cibo e bevande ingurgitati il giorno precedente mi impediscono di fare una delle mie proverbiali colazioni pre-gara e così mi accontento di una misera fetta di pane e marmellata; esco di casa alle 6:15 che comincia ad albeggiare e mi porto nella zona di partenza sul lungomare, già abbastanza affollato. Visto che è prevista salita praticamente sin dall’inizio, decido di allungare i miei tecnicissimi bastoni, eterno capitolo sventurato dei miei racconti, come i miei più affezionati lettori ben sanno ..... ora io non so se ciò dipenda dall’inesorabilità degli enunciati di Murphy, dalla ciclicità ricorsiva degli eventi storici illustrata da Vico, senza star qui a scomodare l’immaginazione produttiva del noumeno di Kant: fatto sta che mentre uno si allunga senza problemi nell’altro non c’è verso di sbloccare ed estrarre la parte telescopica estensiva. Mancano dieci minuti al via: serve un’azione rapida, efficace e soprattutto no panico! Ecco che la teoria di Vico sembra materializzarsi nel camion della spazzatura che sta svuotando i cassonetti: corro dall’operatore e gli chiedo se abbia degli attrezzi o se ce la faccia lui stesso con le sue possenti mani; ahimè entrambe le opzioni non vanno a buon fine e non ho tempo di aspettare un suo ritorno come fu in una situazione analoga due anni or sono ad Attigliano alla partenza delle Vie di San Francesco. Giusto il tempo di maledire la vichiana genialogia e mi precipito nell’unico bar aperto chiedendo alla barista se abbia a portata di mano delle pinze o qualcosa di simile: è con miracolosa naturalezza che, presolo direttamente da dietro al bancone, mi porge un piccolo pappagallo (ad uso di donne ed infermieri voglio specificare che non si tratta nè di un cinguettante bengalino nè di una versione aggiornata del pitale, bensì di una geniale applicazione dell’archimediana leva di primo tipo particolarmente cara agli idraulici ed ai trailer sciaborditi); con il prodigioso utensile e l’aiuto di un collega ritardatario che sta facendo colazione riesco finalmente a sbloccare il meccanismo e ci presentiamo puntuali, non un secondo prima non un secondo dopo, alla partenza.
Finalmente si parte ed imboccata la galleria per Fegina proseguiamo lungo mare fino al sentiero che sale ripido, anche con tratti di scale, su punta Mesco e proseguiamo in cresta avendo a destra una magnifica vista delle Cinque Terre ed a sinistra sul golfo di Levanto. Mentre corricchiamo  in fila indiana su un tratto con saliscendi piuttosto agevoli ecco che, preannunciato da un rumoroso sfrondar di frasche, si affaccia sul sentiero un grosso cinghiale: come per magia la ragazza che mi precede e che fino a quel momento aveva rintuzzato tutti gli attacchi con traiettorie degne del Bruschelli dei tempi migliori, me la trovo alle spalle che, terrorizzata ma non al punto di perder troppo tempo, mi spinge a combatter la suina belva.... fortunatamente questa, guardatasi intorno, capisce che non è aria e se ne torna repentinamente nella macchia, al che tutto il gruppo a pontificare sulla naturale mansuetudine degli animali ..... ma un diffuso olezzo sulfo-boracifero persistente, se escludiamo un improbabile attacco collettivo di meteorismo aerofago, smentisce senza appello questa come teoria maggioritaria della prima ora! 
Arriviamo al bivio di Colla di Gritta dopo una divertente discesa nel bosco e percorriamo 1Km abbondante di asfalto in leggera discesa lungo la strada per Monterosso fino ad imboccare il bel sentiero in salita piuttosto impegnativa che ci porta al Santuario di Soviore dove, proprio davanti al ristoro, un gigantesco cipresso ultracentenario dal tronco fortemente inclinato sembra volutamente farsi beffe dei trailer che arrivano con le mani sulle ginocchia e la schiena curva, perfettamente parallela ad esso. 
Continuiamo a salire su asfalto, dove a malincuore corricchio per non distinguermi troppo dal gruppone cui appartengo e piazzo addirittura una piccola volata per imboccare davanti il sentiero che scende sulla destra e definito tecnico nel road-book: in effetti alcuni tratti, immersi nell’odorosa brughiera mediterranea, scendono impegnativi e consentono solo a tratti di godere della splendida vista del mare turchese circa 400 metri a piombo sotto di noi.
Raggiungo un altro gruppetto in prossimità del ristoro idrico all’incrocio con la strada asfaltata lungo la quale, dopo il passaggio dal Santuario della Madonna di Reggio, proseguiamo in salita per un tratto abbastanza lungo accompagnati da una camionetta dei pompieri, che va su e giù per i tornanti a sirene spiegate tipo Miami Vice alla ricerca di un misterioso trailer infortunatosi. Entrati nel bosco continuiamo a salire verso il Malpertuso, cima coppi del trail con i suoi 800m; quando inizio finalmente a godere della mistica quiete della foresta eccoti riapparire da un tratturo laterale la camionetta dei pompieri ancora alla ricerca del meschino: mi trattengo a stento dal dire loro che probabilmente a quest’ora lo stanno dimettendo dal San Martino di Genova!  
Valicata la selletta comincia un lungo ed inaspettato tratto di sentiero, praticamente pianeggiante, con leggere salite e discese immerse nel bosco, che si affacciano a volte sul mare a volte sulle vallate interne dello spezzino. Corrervi è veramente un piacere e così passano veloci i Km, passa un ristoro idrico, passa una salitella un po’ più impegnativa da camminare, passano nuovamente i Km sempre a favore .... insomma alla fine mi sono proprio rotto di correre ed arriva opportuno il ristoro del ventisettesimo Km sul monte Telegrafo, nonchè primo cancello orario della gara. Scoperto con piacere di aver quasi 2 ore di vantaggio sul tempo limite e più che soddisfatto del lungo allenamento fin ora effettuato, decido immantinente di voler evitare qualsiasi tipo di crisi e sofferenza godendomi, ancor più da turista che da pellegrino, la seconda parte del percorso, che si preannuncia paesaggisticamente stupenda.
 Così dopo dieci buoni minuti di sosta a gustarmi del parmigiano direttamente staccato dalla forma ed accompagnato da ottima birra artigianale, imbocco la lunga discesa che, a tratti tecnica, ci porta al santuario di Montenero dal cui antistante piazzale si gode una vista magnifica della variopinta Riomaggiore trecento metri in verticale più in basso e di tutte le Cinque Terre fino al golfo di Monterosso, dove il primo sta tagliando il traguardo. Molti volontari si raccomandano di fare attenzione alla seconda parte della discesa su ripide scale con pietre umide e scivolose che sembrano aver già fatto numerose vittime e causato alcuni ritiri, anche eccellenti .... il mio passo turistico mi permette di affrontarle in assoluta sicurezza e senza neppure un abbozzo di scivolata! 
Faccio quindi il mio ingresso a Riomaggiore non particolarmente provato, ma mi si para innanzi una visionaria scena felliniana cui la mia curiosità di reporter non può farmi esimere da assistere, visto che tra l’altro il ristoro dove è ancora presente la gustosa birra, posto ad un angolo della piazza della chiesa, ne è punto di osservazione privilegiato: in occasione della Domenica delle Palme una strampalata processione fa il giro intorno alla piazza terminata da un caracollante prete che spinge il suo grottesco gregge, portando al posto della Croce un palo di legno dove in cima sono montati due gracchianti megafoni, da cui esce un Osanna cantato “live” nella maniera più stonata ed acusticamente lesiva che i miei timpani mai abbiano udito, roba da far sembrare un garbato usignolo il Muzzi che da ragazzi ci radunava alla partenza con le sue litanie profane!
 Finalmente, entrati tutti in chiesa, me ne riparto allegro e sto cominciando a correre per la via che esce dal paese quando, alzando gli occhi al cielo e vedendo i miei colleghi inerpicarsi su infiniti gradoni nella scarpata di fronte sopra la galleria della ferrovia, me ne torno a più miti consigli; proprio in quel momento sopraggiunge un collega dall’accento spiccatamente calabrese che mi invita a correre insieme. Declino gentilmente l’invito mostrandogli cosa ci aspetti a breve, al che lui replica sicuro “Ommai è fatta, du’ o tri’ cazzatelle ci stanno ancora!”. Sebbene il profilo altimetrico gli dia ragione, ritornando al noumeno kantiano, credo a quello che vedo ... e che purtroppo esperirò a breve! Passano infatti non più di dieci minuti che, mentre faticosamente arranco spingendomi sui bastoni con i palmi delle mani usando tutta la forza delle braccia (a tre giorni di distanza ho ancora male ai tricipiti), lo raggiungo fermo ed ansimante e in tono scherzoso gli dico “Cazzatelle eh?!?” .... e lui, con l’ultimo fiato, pronto conferma “Adda faccia du ca..o!!!!”.
 Finisce il tratto di scale ma la salita continua ripida attraverso le vigne fino alla sommità del capo, da cui si apre un altro scorcio idilliaco sulla sottostante Manarola, il cui demiurgo sembra esser stato un vivace bambino dalla colorata spensieratezza. Noi però continuiamo più o meno in piano, tra filari di viti e stupendi arbusti di erica candidamente fioriti fino a ad una breve discesa che ci porta a Groppo, dove il ristoro è allestito all’interno della cantina sociale: constatato amaramente che tutte le botti sono prive di cannelle, non mi resta che ristorarmi ancora con la birra! 
Sempre più ebbramente felice me ne scendo trotterellando a Manarola con un trailer locale con cui sorseggio l’ennesimo bicchiere del magnifico integratore alcoolico, necessario per affrontare la successiva “cazzatella” che, sebbene più lunga della precedente, escluso un primo tratto assassino che si inerpica nel colle dove viene allestito il famoso presepio illuminato, ci porta un po’ più dolcemente fino a Volastra. Ancora un ristoro (l’ottavo!) davanti alla chiesa con comode panche di pietra all’intorno: decido di godermi appieno il giorno di vacanza e, con la scusa che fa un sacco di schiuma, santifico domenica libando per ben tre volte la deliziosa ambrosia.
 Quando mi rialzo avverto dei capogiri; fatta un’attenta auto-anamnesi, mi pare poco plausibile l’ipotensione ortostatica dovuta ad uno stato di atonia per sforzo eccessivo, perlomeno rispetto ad un intossicazione acuta da etanolo .... insomma mi rendo conto di essere ubriaco fradicio! Un motivo in più per camminare bellamente i successivi Km, perfettamente pianeggianti, che seguono il fianco della montagna quattrocento metri sopra il mare ed offrono uno spettacolo unico che non ardisco neppur tentare di descrivere: chi conosce già la zona capisce cosa intendo, mentre raccomando a tutti gli altri di visitarla al più presto. Quando sotto di me fa la sua scenografica comparsa Corniglia, abbarbicata su uno sperone di roccia a picco sul mare, è tempo si scendervi a rotta di collo: oltre allo stato di alterazione etilica che attenua la percezione del pericolo, a spingermi è anche un senso di arsura alla gola che ormai rifiuta la volgare acqua, facimente identificabile nella crisi di astinenza di un alcolista.
 Dato l’ennesimo gotto me ne parto sempre più euforico verso Vernazza e lungo i brevi ma intensi strappi del sentiero riesco pure a dar sfogo alle velleità agonistiche ormai sepolte da tempo: se infatti è da diverse ore che non faccio caso ai trailer che mi raggiungono e sorpassano, un’allegra famigliola tedesca alle prese con un trekking dal passo veloce che prima si fa da parte e poi si accoda tallonandomi da presso, mi spinge a rivendicare il mio status di trailer professionista; provo così un sadico godimento nel sentire alle mie spalle il fiato sempre più corto dei crucchini adolescenti e del loro teutonico genitore, mentre la valchiria ormai staccatasi li invita invano ad aspettarla. Supero Prevo di slancio ed imbocco deciso, direi quasi fuori controllo, la lunga e difficile discesa che porta a Vernazza, altra variopinta gemma che fa scenica comparsa sotto i miei piedi con la sua piscina naturale dove sembra possibile tuffarsi direttamente.   
Raggiunto l’ultimo ristoro, quando mancano ormai tre Km e mezzo alla fine, mi metto a sedere sui gradoni di un portone lasciando sfilare quasi la totalità dei concorrenti che mi avevano ripreso da Riomaggiore e che avevo risuperato nell’ultima discesa, i cui effetti avverto ora distintamente nelle gambe; mi riposo a lungo, dieci minuti forse un quarto d’ora, rinunciando persino al bicchiere della staffa: passi il doping, ma farsi ritirare il pettorale e rischiare le terapie di gruppo per il tasso alcolemico sarebbe a dir poco disdicevole.
 Finalmente ripartito, passo in mezzo ad un gruppo di turisti piuttosto scocciati che sono stati bloccati dall’organizzazione e vengono fatti passare a scaglioni, per permettere di percorrere ai concorrenti questo tratto senza rischi, vista la sua larghezza assai ridotta in diversi punti. Percorsa l’ultima salita spaccagambe della gara, mi imbatto in un’inaspettata colonia felina, una vera e propria gattopoli con tutte le casette al riparo di un anfratto naturale del costone di roccia: a parte la bontà del pesce locale, se proprio desideraste mangiar carne, vi sconsiglio vivamente il coniglio da queste parti. Mi godo beato gli ultimi momenti di gloria con gli accalorati incitamenti dei numerosi turisti, soprattutto le  ragazze americane scollacciate che incoraggiano con passione tutti i concorrenti; calibro il passo per incontrarle nei tratti più angusti del sentiero dove elle si accostano alla parete rocciosa tentando di aderirvi il più possibile con la schiena, il che le porta ad un espansione toracica di cui posso godere a pieno non avendo a mia volta altra possibilità che far passare lo zainetto verso l’esterno e produrmi in un voluttuoso sdruscio pettorale: “Good Job” gridano loro .... “Great Jugs” faccio eco io!
 L’ultima discesa verso Monterosso scorre via ridanciana all’insegna di battute ed apprezzamenti più o meno sessisti all’interno del quartetto androgeno di cui mi sono trovato a far parte e che rimarrà compatto fin sulla linea del traguardo. Purtroppo, per la ricaduta influenzale del piccolino, la famiglia è dovuta rincasare e non posso festeggiare con loro .... ma non mi perdo d’animo e, con la medaglia di finisher al collo, vado al pasta party preparato da un servizio di catering dove mi viene offerta pasta al pesto, pasta con le cozze, bruschetta con acciughe di Monterosso sott’olio , cozze ripiene e tris di dolci. Ormai saturo sono costretto a rifiutare la birra ..... anche perchè, visto le portate, preferisco di gran lunga due bicchieri dell’ottimo vino bianco locale appena stappato!