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Nuovi brividi |
Scritto da CARLA BOLDI | |
6 NOVEMBRE 2016 Meno 3 settimane alla maratona |
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L' ULTIMO LUNGHISSIMO
E’ difficile, è veramente difficile far andare la testa e il corpo insieme. E’ difficile dimenticare, cancellare, annientare ciò che ti sembrava scontato con quello che puoi fare oggi. Sono le riflessioni a freddo dopo la mezza dell' altro giorno. Pensavo con superiorità “ ho fatto due volte i 30 km, faccio 16/18 chilometri con facilità, cosa vuoi che sia fare una mezza?” Peccato che ho scelto una mezza collinare, molto molto impegnativa muscolarmente, le mie gambe hanno ceduto, i crampi sono tornati fuori e io mi sento a terra. Rabbia, tanta rabbia. E di nuovo si affaccia quella vocetta antipatica a dire “non ce la fai!” La mente gira vorticosamente alla ricerca di cosa posso fare, valuta il tempo rimasto a disposizione, ripassa tutto ciò che sa sugli effetti dei vari allenamenti, cerca soluzioni, da colpe. Ma intanto il tempo passa. Questa è anche la settimana del lungo lunghissimo 34/36 km, l’unico allenamento che mi ha sempre impensierito. La rabbia mi spinge a fare lunedì e martedì due allenamenti tosti, un progressivo e le ripetute sui 3000. Sono venuti bene. Il fisico risponde quando vuole, o meglio, quando la mente vuole! Rabbia… Guardo la mia tabella di riferimento, i lavori che ho fatto e quelli ancora da fare. Sono maniaca delle tabelle, mi sono sempre piaciute, non so concepire l’allenamento senza una tabella e non importa che sia fatta da un esperto o che sia scopiazzata da qualche rivista specializzata. Quando ho iniziato a programmare questa maratona ho pensato subito al piano di allenamento. Vedere scritto cosa fare per le canoniche 12 settimane mi fa aumentare la voglia di fare e di costruire giorno dopo giorno il fisico per arrivare ai fatidici 42 km. Questo aspetto della preparazione mi ha sempre affascinato tantissimo, tant’è che già ai tempi della mia seconda maratona insistevo con il mio compagno di allenamenti di allora , Neri Giuliano, assertore convinto che per fare la maratona bastava abituarsi a stare sulle gambe 3 o 4 ore senza considerare il ritmo, affinché osservassimo il programma di una tabella trovata su una rivista a tema. Una delle cose che mi è mancata tanto in questi anni lontano dalla maratona è stata la programmazione dell’allenamento. Sì, mi sono allenata, ho avuto tabelle di riferimento, ma essendo rivolte a gare di 10 km non le ho mai sentite a fondo, non le ho mai prese sul serio come sto prendendo questa. Qui ho ritrovato il gusto della fatica. E a proposito di fatica, venerdì avevo in programma il lunghissimo di 36 km. Parto, sono preoccupata, arrivo a 20 km con un ritmo più lento di quello che penso di tenere in maratona, dopo un po’ sento indurire i quadricipiti e a 26 km la vocetta urla: “basta! Smetti! Troppa fatica!” E mi fermo. Inutile dire quanta rabbia e delusione ho provato. Sull’onda di queste emozioni sabato mattina ci riprovo col patto che se le gambe avessero reagito male avrei fatto solo 10 km, invece le gambe hanno girato bene, anzi benissimo fino al 30 km dove poi mi sono fermata. Ok, ce la posso fare.
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