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   AREZZO   VERSUS   COURMAYEUR  

 
 
PROLOGO
 

  Domenica scorsa, tra le varie possibilità podistiche offerte dalla giornata opto per la partecipazione alla bella Etruria Marathon di Arezzo.  Per il solito residuo inspiegabile senso competitivo mi iscrivo alla versione agonistica trail di 32 Km con D+ circa 800 metri fiducioso che avrei avuto un margine temporale di percorrenza consentito dal fatto che la lunghezza di 42 km era riservata ai camminatori.  Salvo scoprire in una modifica del regolamento uscita ad una settimana dalla data di partenza come il tempo massimo per la 32 Km fosse 6 ore.   Questo comportava cominciare ad avere qualche titubanza sull’esito della prestazione. Ma non poteva inficiare il rosatipensiero secondo cui il cappello, podisticamente parlando, viene tirato il più lontano possibile.   Comunque i primi chilometri nel centro urbano della città sono scorsi adeguatamente veloci, naturalmente già in compagnia del servizio scopa.   Le successive rampe boscose hanno evidenziato certe carenze strutturali del sottoscritto e pur non esistendo cancelli orari intermedi  è stato convenuto con l’accompagnatore che il suo lavoro sarebbe stato più consono se avesse raggiunto chi stava  più avanti.

   Restare solo non ha diminuito il mio impegno agonistico, perché il divertimento c’era e la situazione era quanto di migliore si possa desiderare in una radiosa mattinata domenicale. Così ho continuato bellamente a racchettare per salite e discese, greppi e scarpate, anche se stava diventando certezza il precedente dubbio che il tempo massimo fosse un miraggio.  Intanto si erano fatte le dodici, di domenica 8 settembre 2019: orario fatidico, perché consapevole che a  quell’ora in quel di Courmayer, stava prendendo il via la  decima edizione del Tor des Géants, alias Il Giro dei Giganti nel dialettale patois valdostano, con il figliolo allineato sulla linea di partenza col pettorale numero 1743.

 
 
EPILOGO
 

   Il mio bel racchettare si è concluso nel tardo pomeriggio, come se il tempo massimo non fosse mai esistito e traversando una linea d’arrivo sguarnita e un po’ sbaraccata, come può esserlo dopo tante ore, ma cronometraggio a parte, tutti i servizi ed i conforti possibili perfettamente funzionanti. A questo punto potevo dare più attenzione a chi da mezzogiorno si era avviato sulla prima salita consistente della quindicina previste nel totale dei trecentotrentotto chilometri con D+ venticinquemila metri del percorso del TORX 2019.  Tanto per cominciare quasi subito una bufera di neve e temperatura molti gradi sotto zero, che come narra la stampa ha costretto al ritiro per problemi fisici quello che era partito come favorito e che aveva vinto le due precedenti edizioni della gara.  Ma non è qui la sede per una narrazione e descrizione generale degli eventi: qualcun altro spero voglia farlo.    A me, come alla Volpe del Piccolo Principe era rimasto il colore del grano,  è rimasto il colore dei 920 partenti al TORX 2019, provenienti da 72 diverse nazioni, praticamente da ogni angolo del globo terracqueo, lanciati nell’avventura di tornare entro il pomeriggio del sabato successivo 14 settembre, dopo 150 ore, per non trovare una linea d’arrivo sbaraccata o addirittura fermarsi prima.   Da domenica a sabato: sei notti da veder calare per poi bucare le tenebre con la lampada frontale, ma anche sei aurore che avrebbero schiarito quel buio fino al primo raggio di quel sole che avrebbe colpito la pelle bruciata dal gelo, per salire e attraversare il cielo verso un’altra notte. Un percorrere lento, quello del sole, come quello dei trailers documentato a casa sulla mappa sul monitor da segnalini colorati, sparpagliati sul video, ad occupare il posto assegnato dal rilevamento global positioning system. Però tutti diligentemente allineati lungo il profilo del percorso, rappresentazione grafica in scala infinitesima di quei coraggiosi ragazzi e ragazze lanciati nella loro avventura.  Tanti segnalini colorati, quelli personificati dal gps, ognuno con i propri entusiasmi e timori e problemi.  Accanto i compagni occasionali che poi vengono persi, ma forse dopo tante ore vengono ritrovati, cementati nelle difficoltà con un vincolo cameratesco. Da casa accompagnati dal pensiero di chi è lontano centinaia di chilometri, ma che vorrebbe con amore e affetto spingere e accelerare quell’ incedere dei segnalini colorati nella lentissima trasmigrazione attraverso le righe che rappresentano le linee di quota e ogni strisciolina attraversata sono dieci metri di dislivello superati.   Tanti segnalini colorati, come stelline dorate di una lontana galassia in mezzo al buio cosmico, però no inorganiche, ma fatte di cuore, aspirazioni, sogni, umana forza.  Che siano stati spinti telepaticamente, o che molto più probabilmente ce l’abbiano fatta con le loro forze ed il loro animo, in 565 trailers sono arrivati entro il famoso tempo massimo e fra questi il degno figliolo in 533a posizione e nel tempo di 148 ore e 40 minuti. Ci vuole passione, coraggio, tempo e soldi, visto che l’iscrizione costava 750 euro.

 

RISULTATO :      Arezzo 1   -  Courmayeur 10  ( e lode)

 
 
 

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